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martedì 1 marzo 2011

Scorci di ... Cardarelli

Uno dei misteri della produzione poetica è che una poesia può essere celebratissima, la più famosa di tutte, ma, ciononostante, può non piacere. D'altra parte c'è chi dice che la sofferenza peggiore per un poeta sia quella di non venire celebrato per le poesie alle quali si sente maggiormente legato sul piano affettivo. Pertanto, anche quando gode del più grande dei successi, è destinato a rimanere ingabbiato, incompreso nel suo mondo. Così si crea un paradosso. Quando il poeta cerca di comunicare, non ci riesce. E magari lo fa, con milioni di persone, quando non vuole. Magia della poesia, che nasce come un moto dell'animo, sempre, mai poi diventa vera poesia per un insieme di altre cose che ai poeti non è dato di controllare. Per ragioni, in ogni caso, rintracciabili nella vita, in quella del poeta così come in quella del lettore. Perché la poesia nasce sempre da un incontro di anime. Premessa lunga,  mi rendo conto, ma necessaria alla presentazione di Vincenzo Cardarelli. Su internet trovate diecimila biografie. Non è mia intenzione di copiarle e incollarle qui, all'interno di una rubrica come questa.

Vincenzo è uno che nasce in un piccolo paesello, non viene riconosciuto dal padre, e a diciassette anni prende e si trasferisce a Roma. Comincia a collaborare con alcune riviste importanti e pian piano si fa strada, da solo, senza segnalazioni o referenze. Viveva in un'altra Italia. Rabbioso, permaloso, se la prendeva con tutti. Non poteva accettare quel triste destino che gli era capitato in sorte. Di non avere avuto l'amore che pensava di meritare durante l'infanzia. Una famiglia normale. Legge Nietzsche, Leopardi, Pascal. Soffre ripetutamente di crisi depressive. Ama una sola donna, Sibilla. Lei è una bella donna, tutta istinto e passione. Lui è introverso, pieno di problemi. Non sa amare, poveretto. Dura poco questa grande storia d'amore. "Io non crederò mai nella donna. Questa è la mia dannazione", si sfoga Vincenzo con chi ha la pazienza di ascoltarlo.

Scrive di infanzia, natura, donne, amore, morte. Amore. Soprattutto. Altro paradosso. Dell'amore sa parlare chi non è capace di amare.

 Io l'ho conosciuto in questa poesia.


Attesa


Oggi che ti aspettavo
non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice,
la tua assenza che tumultuava
nel vuoto che hai lasciato,
come una stella.
Dice che non vuoi amarmi.
Quale un estivo temporale
s’annuncia e poi s’allontana,
così ti sei negata alla mia sete.
L’amore, sul nascere,
ha di quest’improvvisi pentimenti.
Silenziosamente ci
siamo intesi.
Amore, amore, come sempre,
vorrei coprirti di fiori e d’insulti.

E a voi, non è mai capitato di incontrarlo?

4 commenti:

  1. come si fa a rispondere?
    saper amare, non saper amare...
    cosa vuol dire?
    sono stata amata tantissimo eppure...non ho mai sentito l'amore penetrarmi dentro...
    credo che si tratti solo di incastri...
    quando la tua capacità di amare si incastra con il mio bisogno di amore allora "tu" sai amare ed "io" mi sento amata...
    alle volte mi chiedono e mi chiedo cosa io voglia...
    sai cosa penso ora?!
    che vorrei fare una danza...
    inventare con Lui una danza...
    inventando un ballo entrambi dovremmo essere concentrati sull'altro, sulla musica e su noi stessi...
    poco importano gli errori, l'importante è sapersi leggere nello sguardo, sorridere e trovare nuovi equilibri, nuove armonie...
    questo forse è il non saper amare!
    danzare da soli!
    non si sa amare quando tra le braccia non sentiamo "l'altro", quando ascoltiamo una musica con le cuffie e tutto il mondo è tagliato fuori da noi...
    chissà...
    un sorriso

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  2. Anonimo: l'immagine della danza è meravigliosa. La danza è movimento. Anche l'amore lo è. Forse è una danza un po' folle. Non se ne conoscono i passi. C'è il rischio di pestarsi i piedi. Di cadere. Ma è la ricerca dell'armonia che conta. E per questo, basta seguire le note della natura. Lo spartito è il mondo. E non c'è mondo abbastanza grande che non si possa conoscere in due. Quattro occhi vedono meglio... ;)

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  3. "Il successo è più dolce nel pensiero
    di chi non lo raggiunge mai.
    Per comprendere un nettare
    ci vuole la più severa mancanza.

    Non uno della schiera purpurea
    che ottenne la bandiera quest'oggi
    può tanto chiaramente esprimere
    la definizione di vittoria

    come il vinto- il morente-
    sulle cui orecchie escluse
    le lontane melodie trionfali
    risuonano chiare ed angosciose!

    Per Emily Dickinson

    Gizeta

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  4. Gizeta: questa volta si sposano perfettamente...

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