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mercoledì 29 giugno 2011

Rilke e l'amore

Dunque è nella solitudine che possiamo trovare la felicità.  Mi pare semplice e difficile insieme. Il fatto è che non credo che le parole di Rainer si riferiscano all’egoismo esasperante dei nostri tempi, sorretto, pare un paradosso, da un fardello, quello della paura della responsabilità. No, credo si riferiscano a qualcosa di diverso. Di più difficile.

Rilke: “…è bene essere soli perché la solitudine è difficile; che alcuna cosa sia difficile dev’essere una ragione in più per attuarla”.

Mi legge nel pensiero. E mentre lo penso, mi distraggo. Poco distante da noi, una giovane coppia di scimpanzè si scambia effusioni. Oh mio Dio. Sembra che gli scimpanzé stiano facendo l’amore adesso! Già, l’amore. Che bella cosa...

Tra cenere e terra: “Dice bene della solitudine. Ma l’amore, l’amore non è la più grande delle felicità? E l'amore non vuole la solitudine...”

Rilke: “Anche amare è bene: ché l’amore è difficile”

Tra cenere e terra: “Guardate quegli scimpanzé. Si amano! Non sembra così difficile. Amare è naturale! Rimpiango di non essere più un ragazzino. Di non amare più con quell’intensità…”

Rilke: “[…]i giovani, che sono principianti in tutto, non sanno ancora amare: devono imparare. Con tutto l'essere, con tutte le forze, raccolte intorno al loro cuore solitario, angosciato, che batte verso l'alto, devono imparare ad amare. Ma il tempo dell'apprendere è sempre un tempo lungo, di clausura, e così amare è, per lungo spazio e ampio  fino entro il cuore della vita, solitudine, più intensa e approfondita solitudine per colui che ama. Amare anzitutto non vuol dire schiudersi, donare e unirsi con un altro (che sarebbe infatti l'unione di un elemento indistinto, immaturo, non ancora libero?), amare è un'augusta occasione per il singolo di maturare, di diventare in sé qualche cosa, diventare mondo, un mondo per sé in grazia  d'un altro […] Essere tutt’uno e donarsi e ogni sorta di comunione non è per loro (che ancora a lungo, a lungo devono risparmiare e radunare), è il compimento, è forse quello per cui oggi intere vite umane ancora non sono sufficienti [...]In questo però i giovani sbagliano così spesso e gravemente: che essi (nella cui natura è non aver pazienza) si gettano l’uno all’altro quando l’amore li assale, si spandono, come sono, in tutta la loro torbidezza, disordine, confusione […] Così ognuno si perde per l’altro e perde l’altro e molti altri, che ancora volevano venire […]”

Tra cenere e terra: “Dunque, non è questo l’amore vero? Non è il sesso nella sua pienezza, il confondersi dei corpi e delle anime, l’impeto e la biologia, l’appagamento dei sensi e il godimento? La libertà di fare quello che ci pare, ovunque? La gioventù!?”

Rilke: “La voluttà corporale è un’esperienza sensitiva, non altrimenti dal puro guardare o dal puro senso, con cui un bel frutto vi riempie  la lingua; è una grande, infinita esperienza, che ci viene data, una conoscenza del mondo, non che l’accogliamo, è male; male è che quasi tutti  usano male questa esperienza  e la sprecano o l’applicano come stimolo  nei luoghi stanchi della loro vita  e come distrazione  invece che raccoglimento verso i vertici.”

Tra cenere e terra: “Ma allora, quando sarà amore?”

Rilke:
“un giorno [...], un giorno vi sarà la fanciulla, e la donna, il cui nome non significherà più solo un opposto al maschile, ma qualcosa per sé, qualcosa per cui non si penserà a complemento e confine, ma solo a vita reale: l’umanità femminile. Questo progresso trasformerà (da principio contro la volontà dei maschi superati) l’esperienza dell’amore, che adesso è piena di errore, la muterà dal fondo, la riplasmerà in una relazione intesa da uomo a uomo, non più da maschio a femmina. E questo amore più umano (che si compirà infinitamente attento e sommesso, e buono e chiaro nel legare e nello sciogliere) somiglierà a quello che noi lottando e con fatica prepariamo, all’amore che in questo consiste: che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda.”


Che meraviglia. Sento che questo può davvero realizzarsi. L'umanità ha una grande opportunità!

Rilke: “E questo ancora: non crediate che quel grande amore che a voi, fanciullo, un tempo si impose, fosse perduto; potete voi dire se allora non siano maturati in voi grandi e buoni desideri e premesse, di cui vivete ancora oggi? Io credo che quell’amore resti così forte e potente nel vostro ricordo, perchè fu la prima vostra profonda solitudine e il primo lavoro intimo che voi avete dedicato alla vostra vita”.

Si,  quest’uomo ha ragione. 
Splendide le sue parole.
Suscitano emozione e speranza, e l'emozione, come la speranza, è sempre la stessa... quella dei nostri nonni...

...non è in fondo la nostra ?
Ps: le parole di Rilke, in corsivo, sono tratte da "Lettere a un giovane poeta"

martedì 21 giugno 2011

Rilke e la solitudine

Rainer Maria parla, e io vorrei prendere nota di tutto.

Tra cenere e terra: "Grazie, grazie davvero per i minuti che mi sta dedicando"

Rilke: "Minuti? Noi stiamo trascorrendo insieme mesi, che dico, anni. E' la mia vita che le sto regalando..."

Le sue parole mi colpiscono. E mi inorgogliscono. Vorrei che tutti sapessero cosa ha scritto quest'uomo. Se sono qui adesso, lo devo a quel particolare tipo di rapporto che lega il lettore all'autore dei suoi libri. Un intimo dialogo. Fatto di domande e risposte. Pagina dopo pagina, incontro dopo incontro. Non c'è spazio o tempo da violare. Viviamo un'unica grande esistenza, vita densa di passato e presente, bramosa di futuro.

Tra cenere e terra: "Perchè abbiamo paura della solitudine?"

Mi guarda fisso negli occhi, come se riuscisse a scorgervi qualcosa. Poi risponde.

Rilke: "[...] nelle cose più profonde e importanti, noi siamo indicibilmente soli. [...] Voi avete avuto molte e grandi tristezze che se ne sono andate. E dite che anche quel loro andarsene fu per voi difficile e irritante. Ma vi prego, riflettete se quelle grandi tristezze non siano piuttosto passate attraverso di voi. Se molto in voi non si sia trasformato, se in qualche parte, in qualche punto del vostro essere non vi siate mutato, mentre eravate triste. Pericolose e maligne sono quelle tristezze soltanto, che si portano tra la gente, per soverchiarle col rumore; come malattie, che vengano trattate superficialmente e in maniera sconsiderata, fanno solo un passo indietro e dopo una breve pausa erompono tanto più paurosamente; e si raccolgono nell’intimo e sono vita, sono vita non vissuta, avvilita, perduta, di cui si può morire. Se ci fosse dato di veder più oltre di quel che non giunga il nostro sapere, e un poco più in là dei bastioni del nostro presentimento, forse allora sopporteremmo noi le nostre tristezze con maggior fiducia che non le nostre gioie. Perché sono esse i momenti in cui qualcosa di nuovo è entrato in noi, qualcosa di sconosciuto"

Tra cenere è terra: "Di cosa parlate esattamente?"

Rilke: "Io credo che quasi tutte le nostre tristezze siano momenti di tensione, che noi sentiamo come paralisi, perché non udiamo più vivere i nostri sentimenti sorpresi. Perché noi siamo soli con la cosa straniera che è entrata in noi; perché quanto ci era confidente e abituale per un momento ci è tolto; perché noi siamo in un passaggio dove non possiamo fermarci. Perciò anche poi passa la tristezza: il nuovo in noi, il sopravvenuto, è entrato nel nostro cuore, è penetrato nella sua camera più interna e anche là non è più, è già nel sangue. E noi non capiamo cosa sia stato. Ci si potrebbe facilmente persuadere che nulla sia accaduto, e pure noi ci siamo trasformati, come si trasforma una casa, in cui sia entrato un ospite. Noi non possiamo dire chi sia entrato, forse non lo sapremo mai, ma molti indizi suggeriscono che il futuro entra in noi in questa maniera per trasformarsi in noi, molto prima che accada. E perciò è tanto importante essere soli e attenti, quando si è tristi: perché il momento, vuoto in apparenza e fisso, in cui il futuro entra in noi, è tanto più vicino alla vita, di quell’altro sonoro e casuale istante in cui esso, come dal di fuori, ci accade. E questo è necessario. [...] Si imparerà a poco a poco a riconoscere che quello che noi chiamiamo destino esce dagli uomini, non entra in essi dal di fuori.
 
Tra cenere è terra: "Mi scusi, lo so che potrà sembrarle banale, ma non sarebbe meglio vivere senza dolore?"

Rilke: "non dovete caro signor Tra cenere e terra, sgomentarvi se una tristezza si leva davanti a voi, grande come ancora non ne avete viste; se un’inquietudine, come luce e ombra di nuvole, scorre sulle vostre mani e su quanto voi fate. Dovete pensare che qualcosa sta accadendo in voi, che la Vita non vi ha dimenticato, che vi tiene nella sua mano; non vi lascerà cadere. Perché volete voi escludere alcuna inquietudine, alcuna sofferenza, alcuna amarezza dalla vostra vita, poiché non sapete ancora che cosa tali stati stiano facendo nascere in voi? Perche mi volete voi perseguitare con la domanda di dove possa venire tutto questo e dove voglia finire? Quando in verità sapete che siete in un passaggio e nulla avete tanto desiderato quanto trasformarvi. Se qualcosa dei vostri processi ha l’aspetto d’una malattia, riflettete che la malattia è il mezzo con cui l’organismo si libera dell’estraneo: allora bisogna solo aiutarlo a essere malato, con tutta la sua malattia che scoppia, poiché questo è il suo progresso. In voi, caro signor Tra cenere e Terra, accadono ora tante cose: dovete essere paziente come un malato e guardingo come un convalescente, perché voi siete l’uno e l’altro. E più ancora: voi siete anche il medico, che deve vigilare su sé stesso. Ma in ogni malattia ci sono molti giorni in cui il medico non può fare altro che attendere. E questo è quello che voi, in quanto siete voi il vostro medico, ora anzitutto dovete fare. Non vi osservate troppo. Non ricavate conclusioni troppo rapide da quello che vi accade: lasciate che semplicemente vi accada".

Conosce il mio nome. Ma come è possibile? Non mi sono presentato!

Ma in fondo, che importanza può avere un nome? 

Svelandosi, mi ha rivelato.

Rilke: "E se vi debbo dire ancora una cosa è questa: non crediate che colui che tenta di confortarvi, viva senza fatica in mezzo alle parole semplici e calme, che qualche volta vi fanno bene. La sua vita reca molta fatica e tristezza e resta lontana ancora da quella meta. Ma se fosse altrimenti egli non avrebbe potuto trovare quelle parole".



PS: le parole di Rilke, in corsivo, sono tratte da "Lettere a un giovane poeta".

domenica 19 giugno 2011

Rilke e l'arte

Devo dire che nell'Aldilà si sta bene. Credevo peggio. Non c'è un filo di vento, ma non fa caldo. Dopo il trapasso ho avuto un attimo di smarrimento. Ho temuto di ritrovarmi all'Inferno. Mi è passato accanto un uomo con la testa d'elefante. 

Ma poi, nel cielo grigio, ho visto una donna bellissima volare, leggera, un paio d'ali di farfalla, e mi sono detto che questo no, non poteva essere l'Inferno. La donna doveva essere un angelo e questo, senza alcun dubbio, il Paradiso. 

Ma gli angeli, lo sanno tutti, non hanno sesso, e soprattutto non portano ali di farfalla. 

E allora mi è venuto in mente che forse questa cosa dell'Inferno e del Paradiso è un po' da rivedere. Teoricamente ci sarebbe il Purgatorio. Ma diamine, non credo che Rilke si trovi ancora lì, è morto da un bel pezzo! A meno che i tempi della Giustizia nell'Aldilà non siano poi così diversi da quelli dell'Aldiqua. Rabbrividisco all'idea.

"Io sono pronto, possiamo cominciare se le pare"

Già, l'intervista. Non so da dove cominciare. Non capita tutti i giorni di trovarsi di fronte Rainer Maria Rilke. Bisogna rompere il ghiaccio. Ma come? Uno aspetta un momento come questo da una vita e, come spesso accade, nei momenti cruciali le parole svaniscono, si perdono, e nella mente una luce bianca, abbagliante,  impedisce di scorgere i pensieri. Perché è così difficile trovare le parole? Cosa posso chiedergli?

Aspetta! In effetti posso partire proprio da qui.

Tra cenere e terra: "Com'è che ci sono momenti in cui non si trovano le parole per scrivere? Qual è il segreto per creare un'opera d'arte? Com'è che un'opera d'arte diventa somma per la critica?"

Che schifezza di domanda. E' uscita male. Come tante piccole domande diverse. Sto per aggiungere qualcosa, per spiegarmi meglio,  ma la sua risposta arriva prima.

Rilke: "Nulla può tanto poco toccare un’opera d’arte quanto un discorso critico: si arriva per quella via sempre a più o meno felici malintesi. Le cose non si possono af­ferrare o dire tutte come ci si vorrebbe di so­lito far credere; la maggior parte degli av­venimenti sono indicibili, si compiono in uno spazio che mai parola ha varcato, e più indi­cibili di tutto sono le opere d’arte, misteriose esistenze, la cui vita, accanto alla nostra che svanisce, perdura".

Il suo parlar non mi è chiaro, ma in un qualche modo riesco a coglierne il senso.

Tra cenere e terra: "Ma, se così è, come faccio a capire se sono un poeta? Capita di scrivere, ma come faccio a discriminare se scrivo in senso autoterapeutico o in senso artistico?"

Sempre peggio. Devo dire però che mi sento compreso.

Rilke: "Voi guar­date fuori, verso l’esterno e questo sopratutto voi non dovreste ora fare. Nessuno vi può consigliare e aiutare, nessuno. C’è una sola via. Penetrate in voi stesso. Ricercate la ra­gione che vi chiama a scrivere; esaminate s’essa estenda le sue radici nel più profondo luo­go del vostro cuore, confessatevi se sareste co­stretto a morire, quando vi si negasse di scri­vere. Questo anzitutto: domandatevi nell’ora più silenziosa della vostra notte: devo io scri­vere? Scavate dentro voi stesso per una pro­fonda risposta. E se questa dovesse suonare consenso, se v’è concesso affrontare questa gra­ve domanda con un forte e semplice « deb­bo », allora edificate la vostra vita secondo questa necessità [...] Una opera d’arte è buona, s’è nata da necessità. In questa maniera della sua ori­gine risiede il suo giudizio: non ve n’è altro [...] Accoglie­tela come suona, senza perdervi in interpre­tazioni. Forse si dimostrerà che siete chiama­to all’arte. Allora assumetevi tale sorte e por­tatela, col suo peso e la sua grandezza, senza mai chiedere il compenso, che potrebbe ve­nir di fuori. Ché il creatore dev’ essere un mondo per sé e in sé trovare tutto, e nella natura, cui s’è alleato".  

Tra cenere e terra: "Ma cosa posso scrivere io che non sia già stato detto?"

Rilke: "Non scrivete poe­sie d’amore; evitate all’inizio le forme trop­po correnti e abituali: sono esse le più diffi­cili, ché occorre una grande e già matura forza a dar qualcosa di proprio dove si offro­no in gran numero buone tradizioni, anzi splendide in parte. Perciò salvatevi dai mo­tivi generali in quelli che la vostra vita quo­tidiana vi offre; raffigurate le vostre tristez­ze, e nostalgie, i pensieri passeggeri e la fede in qualche bellezza..."

Tra cenere e terra: "La mia ordinaria vita...è grandezza?!"

Rilke: "Se la vostra vita quotidia­na vi sembra povera, non l’accusate; accusa­te voi stesso, che non siete assai poeta da evo­carne la ricchezza; ché per un creatore non esiste povertà né luoghi poveri e indifferenti".

Il ghiaccio è rotto. Fa lo stesso rumore delle ossa di un giovane poeta, uno qualunque, se nell'arte spera di trovar gloria. Crolla l'identità del poeta quando spera di reggersi, fiducioso, solamente sulla propria spina dorsale. 

E se non trovate le parole, miei amici, non smettete di scrivere. Semplicemente, imparate a vivere senza. 

Prima o poi arriveranno.





Ps: le parole di Rilke (in corsivo) sono tratte da "Lettere a un giovane poeta".

sabato 18 giugno 2011

Intervista a un giovane poeta

Vado a scomodarlo proprio lì dove pensa di aver trovato pace finalmente. Devo dire che, da buon gentiluomo quale subito appare, non si infastidisce quando gli chiedo l'intervista. Una sola perplessità: 

"Ma sono morto! Come posso aiutarla da morto?". 

Ci metto un po' per convincerlo di quanto vivo sia in realtà. Ancora tentenna, così rompo gli indugi. Gli dico che sono un giovane poeta. 

"Meno male -risponde- per  un attimo ho temuto fosse uno di quei giornalisti a caccia di uno scoop. Un paparazzo. Per intenderci, uno come Corano, o Corolla, adesso non ricordo... ma va bene, va bene... Come posso esserle utile dunque ?". 

Provo un po' di vergogna. Ho mentito. Forse non sono un poeta. Di certo non sono Corona. Però ugualmente intendo pubblicare una foto che lo immortala. 



Mi serve per presentare l'intervista a Rainer Maria Rilke.

Segue nei prossimi post. Intanto vi lascio con una sua poesia, utile a familiarizzare col personaggio.


In grembo alla notte nevosa, d'argento,
immensa si stende dormendo, ogni cosa.

Solo una eterna sofferenza è desta
dentro l'anima mia.

E mi domandi perché mai si tace
l'anima mia, senza versarsi in grembo
alla notte che sogna?

Colma di me, traboccherebbe tutta
a spegnere le stelle.

-La notte e l'anima- R.M. Rilke




A presto

domenica 12 giugno 2011

L'amore secondo Tagore - settimo e ultimo momento

(...continua)


Svegliandomi, un mattino,
la sua lettera ho trovato.
Non so leggere, non so
cosa dica.
Ai suoi libri lascerò il saggio,
per non disturbarlo.
Saprebbe forse spiegarmi
il contenuto del messaggio?
La premerò nella mia fronte,
la stringerò al cuore, e quando
tacita e serena
diventerà la notte
 io l’aprirò sulle mia ginocchia,
in silenzio, finché sorgeranno
a una a una le stelle.

Frusciando, le foglie, ad alta
voce, me la leggeranno,
la corrente del ruscello
scorrendo la ripeterà, dal cielo
me la narreranno
le sette stelle  del Carro.

Non riesco a trovare quel che
cerco, quello che vorrei sapere
non lo posso capire, ma queste
parole non dette
hanno addolcito il mio dolore,
il mio pensiero in canto
han trasformato.

 - da L’offerta di frutta -


Potenza della poesia. L'uomo è salvo.


Grazie Rabindranath


Un amore, per davvero, è diventato canto...




Vi va un caffè?














L'amore secondo Tagore - sesto momento

(...continua)



Vuoi mettere la tua ghirlanda di fiori freschi
intorno al mio collo, bella mia?
Sappi però che la ghirlanda che ho intrecciato
appartiene a molte, a quelle che si vedono
in visioni fugaci, o abitano in paesi inesplorati,
o vivono nei canti del poeta.

E’ troppo tardi per domandare il mio cuore
in cambio del tuo.
Una volta la mia vita era come un bocciolo,
tutto il suo profumo era raccolto nel suo calice.
Ora quel profumo è diffuso da ogni parte.
Chi conosce l’incantesimo per raccoglierlo
e chiuderlo di nuovo?
A molte ho donato il mio cuore, ormai non posso
donarlo a una soltanto

- da Il Giardiniere-



Non può più esserci Amore? E' davvero così? Ah uomo, come sei debole. Usi parole meravigliose per nascondere quell'unica debolezza !


(continua...)

L'amore secondo Tagore - quinto momento

(...continua)


Vaghe parole m’assillano,
ma lascerò il silenzio e la notte
esprimersi lentamente in musica.

Oggi la mia vita è come un eremo,
dove la primavera esita ad agitarsi
e a mormorare.

Non è l’ora per te, Amore mio,
di superare l’ostacolo della mia porta.
Alla sola paura di sentire il tintinnare
dei tuoi braccialetti,
si svegliano echi in giardino.

Le rose, per profumare, devono ancora
aver pazienza;
non dare alle corolle chiuse l’inquietudine
di aprirsi prima del tempo.


- da Petali sulle ceneri - 


Coraggiosa donna che lo avvicini, il suo amore non svanisce in fretta. 

Ancor prima che fosse giorno, per te fu subito sera...



(continua...)

L'amore secondo Tagore - quarto momento

(...continua)


Tu mi lasciasti, andando per la tua via.
pensai che t'avrei pianto e conservato
la tua solitaria immagine nel mio cuore,
scolpita in una canzone dorata.


Quanta sofferenza, quanta rabbia. Non può che subentrare l'orgoglio.


Ma, ahimè, il tempo fugge.
La gioventù passa presto, i giorni di primavera
trascorrono rapidi, i fragili fiori muoiono in un soffio,
e il saggio mi avverte che la vita non è
che una goccia di rugiada su una foglia di loto.
Dovrei trascurare tutto questo, ricordando
solo quella che m'ha abbandonato? 
sarebbe assurdo e inutile perchè il tempo fugge.



Diamine, certo che è assurdo! Anche l'amore lo è!


Venite, allora, mie notti piovose, con rapidi,
piccoli passi; sorridi mio autunno d'oro; vieni
spensierato aprile; datemi i vostri baci.
Tu vieni, e tu, e anche tu!
Amori miei, sapete che siamo mortali!
Non sarebbe follia spezzare il mio cuore
per una che mi tolse il suo? Il tempo fugge.

Esco solo per un attimo dai "momenti di Tagore" e della rappresentazione che fa dell'amore per celebrare i versi che ho appena riportato. Quando penso alla poesia, io penso alla potenza espressiva di questi versi. Penso al dolore, alla disperazione. Alla sopravvivenza. Penso alla grandezza indicibile dell'infinitamente piccolo animo umano. Piccolo solo se confrontato all'immensità del cielo.

E' dolce sedersi in un angolo e scrivere
in rima che tu sei il mio mondo.
E' eroico alimentare il proprio dolore
e rifiutare ogni conforto.
Ma un viso fresco mi guarda dal limitare della porta
e fissa i suoi occhi nei miei.
Asciugo le mie lacrime e cambio tono della mia canzone.
Perchè il tempo fugge." 



- da Il Giardiniere-


Come dire, la vita va avanti. Scrivo dire, non sentire.

(continua...)

L'amore secondo Tagore - terzo momento

(...continua)

Lontano da me
quest’amore illimitato!
E’ come il vino
che spumeggia
e che, rotta la giara,
subito è aceto.

Portami, invece, l’amore
fresco e pulito
come pioggia che disseta la terra arida
e i vasi di terra della casa riempie.

Dammi l’amore che arriva fino in fondo,
diffondendosi come linfa
misteriosa e invisibile,
nei rami dell’albero
della vita,
l’amore che fa crescere
fiori e frutti.

L’amore che tranquillizza
il cuore
in pace piena, regalami.


 - da L’offerta di frutta -


E' completamente andato. E' innamorato come sanno di esserlo solo gli innamorati. C'è tormento e sudore. C'è gelosia. C'è paura. La felicità è distante come un bacio.

Non si regge più. Primi presagi di sventura.  "Regge la giara? Può dissetarmi il vino? Ma io ho sete! Voglio l'acqua, oppure morirò!" 


Ma che dice? Sembra un folle! 


 Lei non l'ama. Povero... povero d'amore.



(continua...)


sabato 11 giugno 2011

L'amore secondo Tagore - secondo momento

(...continua)


Vieni nel mio giardino, amore.
Oltrepassa i fiori che s’offrono
splendidi al tuo sguardo,
per soffermarti all’improvvisa gioia
che illude e illumina
nell’incantevole tramonto.
Il dono dell’amore è pieno di pudore, non rivela mai il suo nome,
si nasconde tra le ombre,
diffondendo momenti di gioia
ovunque, perfino nella polvere.
Prendilo o sentine per sempre
la mancanza!
Il dono che può offrirsi è semplice
come un’esile corolla
o una luce dalla fiamma  tremante.

  - da Dono d’amore -


"Ma come Amore, non capisci ? Sono io. Sono quello che saremo insieme !" sembra dire il nostro uomo. Pensava fosse più semplice. Pensava di aver capito tutto. Il guaio è che adesso comincia a sentire. Sentire il contrasto della mancanza mista alla presenza...


(continua...)

L'amore secondo Tagore - primo momento

Sono rimasto a casa stasera. Può essere questa una buona notizia ? 

Non c'è niente di meglio, per sentirsi vivere, di una calda sera di estate. Fuori, in mezzo alla gente. Incrociare gli sguardi di una sconosciuta, sentirsi respirare dalla vita. Andare in giro e innamorarsi, anche per una notte soltanto, perché no? E' bellissimo. Fatelo, fatelo. Ve lo auguro con tutto il cuore di amare. L'amore bisogna metterlo in circolo. Dunque lavorate voi, così che possa goderne anch'io nei prossimi giorni. 

Dovrei essere morto dunque. Ma non lo sono. Né triste, né annoiato, scrivo. E mi piace pensare che, se non stasera, da domani possiate trascorrere qualche minuto in mia compagnia. 

La testa, più che il cuore, mi ha suggerito di scrivere d'amore. 

E tra la sera e la notte, in quel minuto di passaggio che nessuno ha mai vissuto, lascio che Rabindranath Tagore ci allieti della sua presenza.

7 post diversi. Il primo comincia così....


Per non farti conoscere troppo presto, tu giochi con me!
M’accechi con gli scoppi della tua risata,
per nascondere le tue lacrime.
Capisco, capisco la tua arte, non dici mai la parola
che vorresti pronunciare.

Per renderti più preziosa, mi eviti in mille modi.
Per paura che ti confonda con la folla, ti metti da parte.
Capisco, capisco la tua arte.
Non cammini mai per la strada che vorresti percorrere.

Tu chiedi più di tutti gli altri, per questo stai in silenzio.
Con scherzosa indifferenza rifiuti i miei doni.
Conosco, conosco la tua arte,
non prendi mai ciò che vorresti accettare.


                                                                                    - da Il Giardiniere -



Sono commosso per cotanta baldanza. Chi non ama è sicuro di sé. Capisce tutto. Capisce meglio. 

(continua...)