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domenica 24 luglio 2011

Voglio una coppa piena sino all'orlo

E' domenica. Solo ieri era sabato, e il giorno prima venerdì. Due giorni fa ero più giovane. Non ero la stessa persona di adesso. 

Ci sono giorni in cui nuovi pensieri, nuove sensazioni, emozioni anche, ti sorprendono quasi impreparato ad accoglierle. 

Così mi ritrovo  me, diverso da te,  ma anche dal me di ieri. Piacere, sono io.

Sere come ieri sera, quando due sensibilità diverse, ma profonde ugualmente, incrociano lo sguardo, si riconoscono, si comprendono e provano vergogna in mezzo alla gente. Io e te, in mezzo alla falsa felicità. E' triste. Passa improvviso un pensiero, e diventa affetto.

Così bevi presto qualcosa, così, per annegarlo.  Ma poi vedi le luci del mare di notte. 





In fondo sai di poter stare bene. 

Altro sguardo, un passaggio veloce. Fotografia di ciò che fino a quel momento era rimasto nascosto. Una immagine per sempre.




VOGLIO UNA COPPA PIENA SINO ALL'ORLO 

"Che terribile bellezza! 
Da quest'istante strappo dalla mia mente qualsiasi altra donna" 


Voglio una coppa piena sino all'orlo 
E dentro annegarci l'anima: 
Riempitela d'una droga capace 
Di bandire la Donna dalla mente. 
E non voglio dell'acqua poetica, che scaldi 
I sensi al desiderio lussurioso, 
Ma una sorsata profonda 
Tracannata dalle onde del Lete, 
Per liberare con un incanto il mio 
Petto disperato dall'immagine 
Più bella che gli occhi miei festanti 
Videro, intossicandone la mente. 

È inutile - mi perseguita struggente 
La dolcezza di quel viso. 
Lo sfavillio del suo sguardo splendente - 
E quel seno, terrestre paradiso. 

Mai più felice sarà la vista mia, 
Ché ha perso il visibile ogni sapore: 
Perduto è il piacere della poesia, 
L'ammirazione per il classico nitore. 

Sapesse lei come batte il mio cuore, 
Con un sorriso ne lenirebbe la pena, 
E sollevato ne sentirei la dolcezza, 
La gioia, mescolata col dolore. 
Come un toscano perduto in Lapponia, 
Tra le nevi, pensa al suo dolce Arno, 
Così sarà lei per me in eterno 
L'aura della mia memoria. 
 
-John Keats-  
 


Ci sono giorni che vivere aiuta a vivere. Alcuni pensieri spintonano davanti le emozioni.  
Arrossiscono queste, divertite. Si strattonano. Poi si fanno serie e aspettano un giudizio. 
 
Decidi di risparmiarle tutte, e di andarci a letto. 
 
Ti abbandoni ad un sonno che ristora...

sabato 16 luglio 2011

Maschere e indovini

Be', devo ammettere che l'ultimo post mi ha ubriacato...

Torno in me stesso o, chissà, magari rimetto la maschera per un momento. 

Non è facile definirsi. Tra le maschere che porto, alcune sono rubate al teatro. E sono così somiglianti al mio modo di essere che ritengo più genuino, da rendere difficile discernere cos'è maschera da ciò che non lo è. 

Sarà poi vera questa cosa delle maschere? Siamo per davvero costretti ad indossarne sempre di diverse, per proteggere ciò che siamo realmente? Come fossero una corazza? 

Più vivo, meno ci credo. 

Ho la sensazione che senza le maschere rimarrebbe proprio il nulla di noi. 





Perché siamo tutte le maschere assieme, contemporaneamente. Maschere fatte della stessa lega.  E dietro le maschere, nascondiamo il nero del nulla. 

In fondo il nulla è ciò che meglio ci racconta, perché traduce allo stesso modo ciò che ancora non è vita, e ciò che ha smesso di esserlo, no? In un qualche modo ci definisce...

Se così è, ciò che essenzialmente ci distingue è la capacità, per il tempo che ci è dato di vivere, di guardarsi allo specchio, e di riconoscere, di volta in volta, le innumerevoli facce che compongono l'immagine. 

Ciò che ci distingue è la capacità di conoscersi, o di riconoscersi come simili a figure mitologiche, ciascuna dotata di un proprio significato.

Non temete. Non è difficile possederla questa capacità. Possiamo utilizzare allo scopo uno specchio, oppure un personaggio che ci fa riflettere. Una persona come Tiresia l'indovino. Figura mitologica anch'essa.





Ma attenti...


La conoscenza è distanza che separa... 
La fatica di conoscere...
La conoscenza è niente senza fede... 



...la conoscenza ha un prezzo molto alto. 


Un po' come un mutuo, faticoso ma necessario ad acquisire il senso della felicità.

Perché?

Perché siamo uomini. Eh già...

"... Non vogliate negar l'esperienza
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"


-Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116-120- 

sabato 9 luglio 2011

L'anima del vino




Potevo immaginare tutto, ma non che fosse proprio lui a tradirmi. 

Va sempre bene. Prima si impossessa del palato. Rinfresca la sete di appagamento. E poi libera dai pensieri complessi, sostituendoli con pensieri brevi, desideri confusi, promesse di felicità che emergono dal presente di gaiezza ed euforia. 

Ma ieri, appena ieri, si è preso gioco della mente. Mi ha fatto assorbire gli sguardi del domani. E  ha cosparso le avventure di nausee e preghiere. Di salvezza. 

Per fortuna conosco la sua anima, e rimango fiducioso. Domani sarà di nuovo mia.


L'anima del vino



Nelle bottiglie l'anima del vino
una sera cantava: "Dentro a questa
mia prigione di vetro e sotto i rossi
suggelli, verso te sospingo, o caro
diseredato, o Uomo, un canto pieno
di luce e di fraternità. So bene
quanta pena, sudore, e quanto sole
cocente, sopra la collina in fiamme,
son necessari per donarmi vita
ed infondermi l'anima. Ma ingrato
non sarò, né malefico, ché provo
immensa gioia quando nella gola
cado d'un uomo usato dal lavoro:
il suo petto per me è una dolce tomba
e mi ci trovo meglio che nel freddo
delle cantine. Odi risuonare
i ritornelli delle tue domeniche
e la speranza che bisbiglia dentro
al mio seno che palpita? Coi gomiti
sopra il tavolo mentre ti rimbocchi
le maniche, mi vanterai e contento
sarai: della tua donna affascinata
accenderò lo sguardo; robustezza
ridarò a tuo figlio e i suoi colori,
e sarò per codesto esile atleta
della vita, l'unguento che rafforza
i muscoli dei lottatori. In te
cadrò, ambrosia vegetale, grano
prezioso, sparso dal Seminatore
eterno, perché poi dal nostro amore
nasca la poesia che a Dio rivolta
spunterà in boccio come un raro fiore."

-C. Baudelaire-

mercoledì 6 luglio 2011

Addio Rilke


Mi è capitato di leggere, l'altra sera, una frase di Caravaggio. Più o meno diceva così: "quando non c'è energia non c'è colore, non c'è forma, non c'è vita". 

Lo sapevo già, subito dopo averla letta, che sarebbe diventata  post nel blog. Perchè è un frase che in questo momento della mia vita mi dice qualcosa. 

Non ho energia, e lo avverto: le parole faticano a prendere la forma di immagini, e i colori a ravvivare le mie giornate, perchè c'è tanta luce fuori, ma poca proviene dall'interno. 

Non ho energia e, se lo scrivo, credetemi. 

Non ho energia fuori da queste mura, perchè si lavora, si lavora, sempre si viaggia, sotto il sole, e benedetta sia l'aria condizionata che salva la vita, mentre ti uccide. Ma anche fra le le mura di questo blog ho viaggiato. E l'energia me l'ha tolta il trapasso, questa volta dall'Aldilà all'Aldiqua. 

Però è stato bello conoscere Rilke, ne è valsa la pena di intraprendere questo lungo viaggio verso il centro della sua vita. E quante domande avrei voluto ancora fargli!

Invece, sul più bello, un raggio dall'alto lo ha colpito, e poi è svanito, il poeta. Ma vuoi vedere che è passato a miglior vita?

Ma quale può essere la vita migliore mi chiedo. Mi guardo in giro. Per me rimane un mistero.

Grazie a Rilke ho imparato che sono poeta anch'io. Perchè artisti si nasce. Solo che poi bisogna diventarlo. E questa è una responsabilità etica molto forte. Più poeticamente potremmo dirla felicità. 

Grazie a Rilke ho imparato che la solitudine è necessaria. Perchè è un momento di conoscenza e di cambiamento. Di libertà. Ho imparato ciò che è banale dire, ma decisamente più difficile vivere.

Grazie a Rilke ho imparato che l'amore vero esiste. E che sono in pochi a conoscerlo.

Bisogna aver pazienza per trovarlo. In fondo bisogna solo saper aspettare.




 Mi sento ancora addosso le sue ultime parole.


"Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e cerca di amare le domande, che sono simili a stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una lingua straniera. Non cercare ora le risposte che possono esserti date poiché non saresti capace di convivere con esse. E il punto è vivere ogni cosa. Vivere le domande ora. Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga, di vivere fino al lontano giorno in cui avrai la risposta"

Già Rainer, c'è tempo per le risposte. Adesso ci tocca vivere le domande.

Che altro aggiungere? Ti dico solo adesso addio Rilke, ché prima non mi è stato possibile farlo. 

Grazie. Continuerò a cercarti, cercandomi, tra i versi di una poesia.
 
E anche a voi tutti, grazie. Grazie per esser passati da qui in tanti. E' stato un bel convegno. Questa poesia ve la regalo, fatela vostra.




 
CONVEGNO
 
M’è dolce indugiarti d'accanto 
in questo raccolto tepore. 
Rintoccano trepide l'ore 
siccome un lontano 
rimpianto 
Ripeti parole d'amore; 
ma piano... ma piano... 
che duri l'incanto. 

Non so dove sbocchi (che importa?), 
ma certo in effluvii di fiori 
(non senti?) la porta. 
sui vetri protesa, vermiglia, 
origlia 
la tacita Sera. Siam qui. 

Restiamo in silenzio. Là fuori, 
nessuno ci pensa così.


-R.M. Rilke-


Ps: le parole in corsivo, tra virgolette, sono tratte da "lettere a un giovane poeta" di R.M. Rilke.