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sabato 25 maggio 2013

L'urlo di Shakespeare su Narciso



Ed eccomi qui, a scrivere indignato. Una mattina come le altre. Passeggio per le strade di Palermo. Non posso non fermarmi quando vedo una cesta di libri dati via a tre euro ciascuno. All'inizio penso che è un modo come un altro per rendere appetibile la lettura. 

Ah, ma che sdegno, quando vedo tra libretti di cucina e saggi di economia del secolo scorso, la poesia...

Salvo Shakespeare almeno, così ho pensato, almeno lui non deve fare questa fine...

E poi Ungaretti mi chiedeva di salvarlo, e poi Emily. Quasimodo mi chiedeva di salvarlo. Come facevo a lasciarlo lì Quasimodo?

Così li prendo tutti per mano, li tiro dentro la mia anima. Li metto in salvo dall'usura del sole e del tempo, da quella più sottile e logorante della dimenticanza. Bisognerebbe farli pagare almeno 30 euro ciascuno questi libri, maledizione. In queste pagine c'è la vita. Ci trovi parole preziose come gioielli.


Sfoglio un libro, quasi a volerlo consolare. Mi metto lì, e cerco di capire quali sono le sue ragioni. Così mi pare di poterne lenire le ferite. 


"Voglio gridare al mondo" mi dice Shakespeare. "Nessuno più m'ascolta, così non mi resta che scendere per strada...".

"Cosa vuoi ancora gridare al mondo? - gli chiedo- Le tue parole sono arrivate, non devi preoccuparti...".

"Che cosa?" -ripete- "Voglio gridare al mondo di non sprecarla la bellezza. Voglio assordare il mondo con il mio urlo. Che si sveglino pure i bambini! Loro soprattutto, che salvino il mondo...!".



Leggo insieme a voi di quando Shakespeare tentò di salvare Narciso...





- dal web-




"Guarda nel tuo specchio e di' al volto che vi vedi
che ora è il tempo per quel volto di formarne un altro;
se ora tu non ne rinnovi il fresco aspetto,
inganni il mondo, e una madre privi di benedizione.
Perché dov'è la donna così pura il cui insolcato grembo
disdegni l'opera del tuo dissodamento?
O qual è l'uomo così fatuo da voler essere la tomba
dell'amor di se stesso, arrestando la sua posterità?
Tu sei lo specchio di tua madre, ed ella in te
rimemora il leggiadro aprile del suo rigoglio;
e così dalle finestre della tua vecchiaia tu vedrai,
 a dispetto delle rughe, questo tempo tuo dorato.
Ma se tu vivi per non essere ricordato,
muori solo, e la tua Immagine muore con te.

- W. Shakespeare, sonetto 3-



Mio caro William. Non siamo bravi ad amare. Non siamo adatti. Ma ne sono certo. 

Le tue parole gridate, oggi, toccheranno il cuore di qualcuno...














lunedì 6 maggio 2013

Come uno sconosciuto


Ci sono poesie che mi perseguitano.

Quante anime hanno preso in prestito questa voce ?





- come uno sconosciuto
ma mi siedi accanto
hai occhi che non mi guardano
e mi conoscono
quando cerchi l'intesa buttando
come niente un sorriso
( Pierangela Rossi)





Avrei voluto amarvi meglio, lo giuro.

Ma ora basta...






I ricordi e le colpe finiscono qui, su queste note. Oggi come allora.