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venerdì 6 marzo 2015

Le ali della poesia


Il 26 febbraio il blog ha compiuto quattro anni. Ho provato una strana sensazione. Scrivo in questo blog da quattro lunghi anni. In queste pagine ho buttato cuore e cervello, spruzzi di sangue, fiumi di vino, mari e tramonti. Ho guardato con gli occhi di un bambino, quelli di un adulto, e perfino con gli occhi di rughe di un anziano. Mi sono commosso. Ho commosso. 

Ho scritto per dare spazio alle parole, prevalentemente, ma ho scritto pure per nasconderle. Sì, ho nascosto le parole. Le ho nascoste perfino a me stesso. I lunghi silenzi tra queste righe sono stati punti. Chiusure di capitoli. La fine dei romanzi.

Non ho distinto, anzi, non ho voluto distinguere tra scrittura e vita, tra verità e rappresentazione, tra nero e bianco. Mi sono concesso perfino il lusso dei colori. Ho amato e sono stato amato. Ho vinto e ho perso. Sono morto perfino, e sono rinato. Ho sbagliato, tante volte, ma ho avuto ragione pure. Ho incontrato persone e fatti. Affetti. Mi sono abbeverato alle fonti di vita e di ebrezza. Sono stato felice, e ho sofferto. Quante battaglie vinte, quante cadute.







Continuerò a vivere allora. Perché per me vivere è scrivere. E scrivere è un po' come volare. 


Che i versi di questo blog non si stanchino mai di prendere il volo.





Occorre volare in questo tempo, dove?
Senz'ali, senz'aereo, volare indubbiamente:
ormai i passi passarono senza rimedio,
non elevarono i piedi del viandante.

Occorre volare a ogni istante come
le aquile, le mosche e i giorni,
occorre vincere gli occhi di Saturno
e stabilire lì nuove campane.

Ormai non bastan più scarpe né strade,
ormai non serve la terra agli erranti,
ormai attraversaron la notte le radici,

e tu apparisti in altra stella
determinatamente transitoria,
trasformata alla fine in un papavero.

                                                              


Bravo Neruda. Volevo dire proprio questo.