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domenica 9 agosto 2015

La meccanica quantistica dei sentimenti


Stasera ho un po' di tempo. Me lo sono ritagliato questo tempo, fatto di spazio e di lettura.


Uno spazio-tempo, certo, fatto anche di scrittura.


Le meccanica quantistica e la fisica classica descrivono le interazioni tra materia ed energia nel loro movimento attraverso il tempo e lo spazio. Ma c'è un punto in cui la fisica classica sembra fermarsi, ovvero al livello dell'atomo, direi, ancor più profondamente, a livello dell'animo, quando energia e materia cominciano a seguire regole diverse, idiosincrasie spiegabili solo attraverso principi nuovi, postulati di meccanica quantistica adatti a particelle atomiche e subatomiche, direi, ancor più profondamente, ai sentimenti. 


Tre sono questi principi:

1) La sovrapposizione, per cui una particella può trovarsi in due o più punti o stati al contempo;
2) La correlazione o intreccio, per cui due particelle sono in grado di coordinare le loro proprietà nel tempo e nello spazio e comportarsi come un unico sistema;
3) Il problema della misurazione, per cui l'atto della misurazione o dell'osservazione altera ciò che viene osservato.

Più leggevo questi principi, più prendeva forma la poesia, e più pensavo. Pensavo che per studiare l'amore, la profondità del nostro sentimento, per scavare a fondo in quel barile che è la nostra anima, per arrivare oltre la profondità, al centro della nostra esistenza, per spaccare il nucleo congelato delle nostre paure, bisogna applicare questi stessi principi: 


1) Perché in fondo siamo particelle capaci di piegare perfino lo spazio per stare con la persona che amiamo, anche quando si trova a migliaia di chilometri di distanza o siamo con altre persone, ché grazie all'amore possiamo essere in più posti, contemporaneamente;
2) Perché non importa lo spazio, e neppure il tempo. Quando amiamo, diventiamo un unico grande sistema,  fatto di due particelle che, seppur a distanza, danzano, come per l'effetto di una musica udibile dagli amanti, e da loro soltanto;
3) Perché in fondo non si può e non si deve parlare di tutto questo, ché l'osservatore altera perfino la bellezza di ciò che è osservato, e le parole sono quel dito puntato verso la luna, non la luna, e se ci limitiamo a leggerle, come quando ci limitiamo a fissare il dito, rischiamo di perderci lo spettacolo muto delle stelle.







Se vi amate, se vi amate veramente, sappiate che c'è una legge fisica che vi guida. Non dovete fare altro che abbandonarvi a essa.


Ps: grazie a R. Ozeki (Una storia per l'essere tempo).




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