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martedì 3 aprile 2018

Guarire d'amore


Cominciamo con una citazione.



"Immaginatevi questa scena: a tre o quattrocento persone che non si conoscono viene chiesto di formare delle coppie in cui ciascun partner rivolga all'altro una e una sola domanda, ripetuta in continuazione: <<Che cosa vorresti?>>".


Esco per un attimo dalla citazione. Viene descritto un esperimento. In una stanza affollata, una persona chiede a tre o quattrocento sconosciuti di formare delle coppie. Immaginatevi lì. Sì, voi che leggete. Immaginate di avere accanto a voi degli sconosciuti, e di dovere fare coppia con uno di loro. Poi porgete al compagno di ventura una domanda. Lo stesso farà lui con voi: "Che cosa vorresti?". Mi vengono i brividi solo a pensarci.


"Che cosa c'è di più semplice? Una domanda innocente, una risposta. Eppure, tutte le volte questo esercizio di gruppo ha provocato sotto i miei occhi un'esplosione inaspettata di emozioni fortissime. Spesso nel giro di pochi minuti la stanza vibra di tensioni. Uomini e donne - che non sono affatto in condizioni di disperazione o di bisogno, ma al contrario sono persone di successo, perfettamente inserite, ben vestite e brillanti anche nell'immagine - subiscono un profondo sconvolgimento. Si rivolgono a coloro che hanno perduto per sempre - genitori morti o lontani, il coniuge, i figli, gli amici - evocandoli: <<Vorrei poterti rivedere>>, <<Vorrei il tuo amore>>, <<Vorrei poter dire che sei fiero di me>>, <<Vorrei che tu sapessi che ti voglio bene e che mi dispiace non avertelo mai detto>>, <<Vorrei che tu ritornassi...mi sento così solo>>, <<Vorrei l'infanzia che non ho mai avuto>>, <<Vorrei la salute, vorrei tornare giovane. Vorrei essere amato, vorrei essere rispettato. Vorrei che la mia vita avesse un senso. Vorrei raggiungere una meta. Vorrei poter contare qualcosa, essere importante, essere ricordato>>. Quanto volere, quanto desiderare. E quanta sofferenza, così rapida a emergere in superficie da una profondità che dista solo qualche istante. Sofferenza causata dal destino, sofferenza causata dall'esistenza. Sofferenza che non cessa mai di essere presente, al di sotto della membrana della vita, e di lì manda il suo rombo incessante. Sofferenza fin troppo facile da mettere a nudo".

E ancora:

"Tante cose - da una banale esperienza di gruppo a qualche minuto di profonda riflessione, da un'opera d'arte a una predica in chiesa, da una crisi personale a un lutto - ci ricordano che i nostri desideri più profondi non potranno mai essere realizzati: non la voglia di giovinezza né la voglia di fermare la vecchiaia, non la voglia di far ritornare chi se n'è andato per sempre né la voglia dell'amore eterno, della protezione, di una vita che abbia un senso, e tanto meno dell'immortalità. Spesso questi desideri impossibili, questa sofferenza legata a vicende esistenziali, sono causa di un dolore talmente grande da indurci a chiedere aiuto, ai familiari, agli amici, alla religione, talvolta anche agli psicoterapeuti".

Basta, non cito più Irvin D. Yalom e il suo "Guarire d'amore", e vado avanti da solo. Proseguo da quel suo punto finale. Dal bisogno avvertito da un uomo di fronte all'irriducibilità del dolore, di chiedere aiuto. Di fronte ai temi grandi dell'esistenza, al disorientamento, al dolore generato dalla realtà, all'ineluttabilità degli eventi che non possiamo controllare, di fronte a tutto questo, misera oggi appare la soluzione. Chiedere aiuto. Non c'è niente di più logico e banale. Ma chi, mi chiedo, può salvarci dal crollo delle nostre illusioni?

Troppo facile pensare che, al di là di tutto, la vera risposta possiamo ricercarla nell'amore. Be' si, piuttosto comprensibile, di fronte al nonsense della vita, rifugiarsi in quel sentimento che come per incanto risolve tutto, dubbi, contraddizioni, insicurezze. Ma ciò che mi preoccupa di più non è il dubbio se l'uomo possa sopravvivere o meno a una vita senza amore, certamente può farlo, e può farlo senza per forza di cose rispondere alla domanda del "Cosa vorresti?", anzi, probabilmente dovrebbe evitare di porsela perfino, e in questo modo potrebbe andare avanti riempiendo la propria vita di impegni improcrastinabili e idiozie. Ciò che mi preoccupa di più è il verificarsi del caso opposto, ovvero il caso dell'uomo che sceglie l'amore in risposta al quesito del "Cosa vorresti?". Proprio così, mi preoccupa di più l'uomo che sceglie l'amore. Perché?,  vi chiederete voi, in fondo chi sceglie l'amore, grazie all'amore si sente felice. Mi preoccupa per il fatto che l'amore non è mai una scelta consapevole. Mi preoccupa la tendenza dilagante a scivolare nell'amore tipica di chi è in fuga da emozioni dolorose, e allora corre, corre, per mettersi in salvo, ma non ce la fa, e quasi catturato dal nonsense dell'esistenza, a un passo dalla disperazione, scivola sulla buccia di banana dell'amore e senza capirlo si ritrova in uno stato di dormiveglia, in un luogo e non luogo, stordito, in uno stato di beatitudine incosciente, senza nemmeno la forza di aprire gli occhi, intorpidito, anestetizzato, e tutto quel dolore di prima non lo sente più. Mi chiedo che cosa ci sia di nobile in questo trauma cranico che ci ostiniamo a chiamare amore? Mi chiedo che tipo di salvezza possa garantire. No perchè, quando lo stato di intorpidimento finisce, il risveglio è traumatico, e a quel punto si soffre perfino di più.

Mi pare che il più delle volte gli uomini scivolino sull'amore, e che si facciano tanto male. Come guarire da questo dolore? Non parlo del dolore che procura un amore che finisce, no, parlo del dolore della vita, il dolore che ci porta a sbagliare, il dolore che ci fa correre in fuga da noi stessi, il dolore che ci benda gli occhi e che ci fa scontrare, mai incontrare. Come l'uomo possa guarire da questo dolore atavico che si porta dentro, questo mi chiedo. La ricetta è l'amore, mi risponderete ostinati, quello vero. Sì va bene, ma voi a quale tipo di amore state pensando?

Questo è un blog che vuole cogliere il senso poetico dell'esistenza, ma capita a volte di scrivere in un'altra direzione. Mi faccio perdonare, e cerco di recuperare il senso di questa riflessione di oggi citando Jorge Louis Borges. Borges ci esorta a vivere attraverso i fallimenti. Forse non possiamo guarire dal dolore dell'esistenza, ma possiamo certamente riconoscerlo e dargli un senso.



"Con ogni addio impari.
E impari che l'amore non è appoggiarsi a
qualcuno
e la compagnia non è sicurezza.
E inizi a imparare che i baci non sono
contratti
e i doni non sono promesse"



Grazie Jorge Luis compagno d'anima, tu ci metti un secondo.








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